
Paolo Venturini: la prossima sfida il lago di Bajkal
Giancarlo Noviello
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Paolo Venturini, ultramaratoneta padovano e sovrintendente della Polizia di Stato, si misura con un’altra sfida. L’ultrarunner, considerato l’uomo dei record impossibili, proverà nel 2022 a percorrere l'intera lunghezza del lago Bajkal, oltre 640 chilometri, durante l'inverno siberiano, correndo sopra la superficie ghiacciata, con temperature che raggiungono i -40°C. E non è la sua prima volta. Venturini è anche l’uomo che ha compiuto nel 2020 un’altra difficile esperienza denominata “Monster Frozen”, percorrendo nel luogo più freddo del pianeta la distanza di 39 chilometri e 120 metri, da Tomtor ad Oymyakon, nella regione della Jakutia (Russia) alla temperatura di -52°C.
Paolo Venturini, dietro ad ogni suo sfida c’è il desiderio di capire dove può arrivare il limite del suo organismo. Dopo “Monster Frozen”, attraverserà di corsa il lago Bajkal.
Il 26 maggio, dopo aver presentato per la prima volta al mondo presso l’università MGMO di Mosc, il film documentario “Monster Frozen”, sottotitolato in russo, ho annunciato il successivo progetto, denominato “The LAST BAJKAL”. Durante la conferenza, cui erano presenti oltre alle autorità locali russe, anche il Presidente del Forum delle Società civili italo-russo Ernesto Ferlenghi, la direttrice dell’Istituto di Cultura Italiano a Mosca, professoressa Daniela Rizzi e il Preside della Scuola Italiana Leonardo Romei, ho presentato questo progetto molto articolato e complesso della durata di circa un anno e mezzo. L'obiettivo è quello di realizzare un record mondiale di ultra running, al quale verranno applicati dei protocolli di ricerca medico-scientifici, il tutto raccontato attraverso la produzione di un film-documentario e servizi televisivi, dedicati al pubblico nazionale ed internazionale.
Attraverso il gesto sportivo più naturale ed ecologico del mondo, proverò a percorrere l'intera lunghezza del lago Bajkal per oltre 640 chilometri durante l'inverno siberiano, correndo sopra la superficie ghiacciata, con temperature che raggiungono i -40°C. Una sfida che mai nessuno è riuscito a compiere in precedenza. Il luogo protagonista della sfida, è stato individuato per la sua unicità sotto l'aspetto ambientale, ma soprattutto per essere l'emblema della natura russa ed una delle aree più spettacolari del pianeta. In un futuro non molto lontano, durante l'inverno siberiano, il grande bacino potrebbe non ghiacciare più, con la conseguente perdita di gran parte degli esseri viventi che dipendono dai ritmi millenari di alternanza tra glaciazione e disgelo.
Da chi sarà coordinato il progetto “The LAST BAJKAL” ?
Il progetto è coordinato dal Forum di dialogo italo-russo delle società civili, oltre ad essere supportato dal Governo italiano, in particolare dal Ministero dell'Interno e da quello degli Esteri, attraverso l'Ambasciata d'Italia a Mosca. Anche per questo, l'impresa acquisisce aspetti di reciprocità istituzionale, collaborazione e diplomazia e scambio culturali tra Italia e Russia, coinvolgendo la Repubblica di Buriazia ed il Governatorato di Irkutsk, Amministrazioni competenti per la regione del lago Bajkal.
Prima di Monster Frozen, lei aveva già affrontato altre imprese al limite delle possibilità fisiologiche umane.
La prima impresa, denominata “Maximum Quota”, l’ho affrontata tra dicembre 2015 e gennaio 2016. Ho provavo a portare al limite il mio organismo, facendolo confrontare con il dislivello ed il clima estremo dell'Ecuador, correndo oltre 240 chilometri senza acclimatazione alla quota, l’aiuto di medicinali contro il mal di montagna e senza l'uso di ossigeno artificiale. Ero partito dalla città di Guayquil a zero metri sul livello del mare, con temperature intorno ai +38°C, con il 70 per cento di umidità, raggiungendo nella notte del terzo giorno i 5.580 metri d'altitudine a -25°C sul vulcano Chimborazo. Ho sperimentato fatiche immani, con la morte che si avvicinava sempre più senza riuscire però a portarmi via definitivamente. Ho perduto purtroppo la grande sfida, per non essere riuscito a raggiungere la vetta a 6.310 metri, provando una grande frustrazione e totale sconforto.
Un anno dopo, nel 2017 in Iran, un’altra esperienza denominata “Maximum Temperatus”. Sono riuscito a correre per 75 chilometri a +67°C nel deserto del Lut, il luogo più caldo del pianeta terra, stabilendo un nuovo record mondiale e suscitando una grande curiosità nell’opinione pubblica e nelle autorità locali iraniane.
Paolo Venturini, all’età di 53 anni, ha ancora voglia di scoprire e affrontare nuove esperienze “impossibili” da affrontare ?
Gli ultimi cinque anni della mia vita e parallelamente della mia carriera atletica, mi hanno visto affrontare situazioni estremamente opposte tra loro, sia sotto l'aspetto ambientale e climatico, che su quello psicologico e mentale. Sfide che hanno richiesto un impegno fisico estremo, mio e delle varie figure professionali che mi hanno seguito. Allenamenti innovativi e mirati, con ricostruzioni e simulazioni delle diverse ed estreme condizioni con le quali mi sarei poi dovuto misurare. Organizzazioni complesse, che inizialmente sembravano impossibili quasi tanto quanto la performance stessa. Mesi di studi, telefonate e mail per ottenere consulenze, informazioni, permessi e visti, a volte mai rilasciati dalle autorità in precedenza. Barriere culturali o religiose, che se prese di "petto", avrebbero negato il consenso a procedere e fatto desistere anche i più caparbi. Luoghi dove ad esempio, non era contemplato il poter correre in pantaloncini e canottiera. Costi di viaggi e logistica molto onerosi, spesso inaffrontabili, specie per l'eventuale impiego di mezzi aerei, come l'elicottero, necessario in caso di emergenza, optando per ripieghi molto più rischiosi. Mesi ed anni che però, mi hanno permesso di relazionarmi con persone incredibili, dalle lingue, culture, mentalità e stili di vita, diversissime tra loro, ma soprattutto molto lontane dal nostro mondo. Tutto questo, unito all'opportunità di aver visto e vissuto alcuni dei luoghi più spettacolari ed estremi del nostro pianeta, sia stato un privilegio unico. La mia vita sportiva, affrontata sempre con ottimismo ed una grande voglia di fare, deve confrontarsi con "l'usura" fisica, conseguenza di una passione per la cordsa iniziata all’età di 7 anni. Ho corso tutti i giorni, coprendo migliaia di chilometri a piedi o in bicicletta.. Sono molti in effetti gli infortuni sopraggiunti, specie dopo la Siberia. Alcuni anche gravi, ma sempre affrontati con lucidità, avvalendomi della tecnologia ed il supporto dei migliori. Una sfida quotidiana, che non deve terminare mai, nello sport come nella vita.
foto nel deserto: Pierluigi Benini
foto polare: Matteo Menapace
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